"Le sigarette elettroniche regolamentate come le tradizionali"

sabato 30 aprile 2011


La FDA vuole norme più severe. Le indagini avrebbero rilevato componenti pericolose.


FDA sigarette elettroniche tabacco nitrosammine
Le sigarette elettroniche - come la T-Fumo - negli USA potrebbero presto dover sottostare alle stesse limitazioniimposte alle sigarette tradizionali.
La Food and Drugs Administration sta infatti per chiedere al governo di imporre restrizioni al marketing e alla produzione.

Analizzando 19 marche di sigarette elettroniche, la FDA ha trovato nitrosammina (una sostanza che sarebbe cancerogena) e dietilengicolo nella metà di esse.
Dato che non possono essere assimilate agli altri sostituiti della nicotina (cerotti, gomme...) come un tribunale ha deciso all'inizio dell'anno, saranno regolate come le sigarette con tabacco.
Alcuni mesi fa le sigarette elettroniche erano state definite dannose anche dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, suscitando vivaci proteste anche di alcuni nostri lettori.


Sarà più piccola della ISS. Il completamento è previsto nel 2020.



Entro il 2020, anche la Cina avrà una propria stazione spaziale: peserà complessivamente 61 tonnellate e sarà più piccola della ISS (che pesa invece 419 tonnellate) e anche della Mir (137 tonnellate); il modulo principale sarà lungo 18,1 metri con un diametro massimo di 4,2 metri.
Il nome provvisorio della stazione è Tiangong (Palazzo del Paradiso) ma il nome definitivo verrà scelto basandosi sulle scelte suggerite all'indirizzo email kongjianzhan@vip.qq.com entro il 25 luglio 2011.
Il governo d Pechino non si pone più limiti.


Due Internet point di Empoli vendevano copie cinesi degli smartphone più famosi. In tre anni hanno incassato 600.000 euro.


Smartphone cinesi vendita in nero su eBay
Sfruttando eBay, i gestori di due Internet point di Empoli avevano trovato un modo di fare soldi senza versare una lira al fisco.
Ordinavano in Cina smartphone non originali (ma identici nell'aspetto a quelli delle aziende più note) che a loro costavano 35/40 euro(a destra le copie iphone cinesi) e poi li rivendevano, tramite il sito di commercio online, a 100/150 euro.
I clienti, attratti dal prezzo basso se confrontato con le caratteristiche vantate, acquistavano a volte senza nemmeno avere idea della provenienza dei prodotti; su queste transazioni, i venditori si guardavano bene dal pagare le tasse dovute.
La Guardia di Finanza ha ora messo fine a questo commercio, che andava avanti ormai da tre anni e aveva tutto considerato un discreto volume d'affari: uno dei due Internet point era arrivato a vendere 1.300 cellulari in un anno.
In totale i gestori - due donne di origine cinese, di 46 e 25 anni, che credevano di essere al sicuro dai controlli della Finanza, agendo su eBay - avrebbero incassato 604.000 euro, evadendo l'IVA per circa 65.000 euro.


Il portale di Google trasmetterà in diretta l'evento, come è già avvenuto con il matrimonio del principe William.


Beatificazione Giovanni Paolo II YouTube
Due eventi, vicini per data, sono la testimonianza concreta dell'importanza sempre maggiore della Rete a scapito, a volte, dei mezzi di informazione tradizionali.
Dati ufficiali non ce ne sono ancora, ma già si parla di milioni di persone che hanno seguito in diretta il matrimonio tra il principe William del Galles e Kate Middleton non tramite la televisione, ma attraverso YouTube.
La stessa cosa accadrà con ogni probabilità tra un paio di giorni, domenica primo maggio, quando sempre su YouTube verrà trasmessa la cerimonia di beatificazione di papa Giovanni Paolo II.

Il portale video di Google, in collaborazione con il Centro Televisivo Vaticano e Radio Vaticana, trasmetterà dalle 9 alle 12.45 in diretta da Roma, consentendo così a chiunque abbia accesso a Internet - e non sia funestato dalla censura, di cui YouTube è spesso una delle prime vittime - di seguire l'avvenimento.
Padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa vaticana, ha commentato la collaborazione con YouTube dicendosi «felice di questo servizio che offre la possibilità di diffondere ancora più capillarmente un importante evento storico come la beatificazione di Giovanni Paolo II».

Incendio in Aruba, un milione e mezzo di siti italiani down

venerdì 29 aprile 2011


La server farm di Arezzo va offline a causa di un principio di incendio. Già iniziate le operazioni di ripristino.


Aruba incendio milioni siti down Arezzo webfarm
Dalle 4:35 di questa mattina, un gran numero di siti web italiani (i domini gestiti da Aruba sarebbero circa un milione e seicentomila, i siti attivi oltre un milione) sono scomparsi di colpo dal web.
Si tratta dei siti ospitati dall'hosting provider Aruba, la cui home page è anch'essa a lungo irraggiungibile (in questo momento va a tratti).

La causa di tutto è un principio di incendio avvenuto nella sala UPS della server farm di Arezzo; i server e i dati non sono stati danneggiati, ma il sistema antincendio ha tolto la corrente e così i sistemi si sono fermati.
Al momento Aruba sta provvedendo a riportare alla normalità la situazione degli UPS: "si sta procedendo con la rimozione della polvere prodotta dalla combustione. A seguire verranno effettuati gli interventi di ripristino" si legge sul canale Twitter aperto per tenere informati gli utenti.
Il ripristino della prima sala dati è appena iniziato e i siti - così come gli altri servizi coinvolti (PEC, email e via di seguito) stanno lentamente tornando operativi.


L'editore, citato per violazione di brevetto, accusa Microsoft di voler solo distruggere Android con l'aiuto di Nokia.


Barnes&Noble accuse Microsfot brevetti Android
Tutto è cominciato alla fine dello scorso mese, quando Microsoft ha denunciato l'editoreBarnes & Noble, Inventec e Foxconn, ovvero committente e produttori del lettore di e-book Nook.
Il motivo del contendere era il sistema operativo adottato dal Nook, ossia Android: secondo Microsoftviolerebbe alcuni suoi brevetti e, per questo, l'azienda di Redmond pretende delle royalty per ogni dispositivo.
Si tratta di una causa analoga a quelle che vedono o hanno visto Microsoft contrapporsi ad alcuni produttori di smartphone Android, come Motorola e HTC: la battaglia con Motorola è ancora in corso, mentre quella con HTC si è conclusa grazie a un accordo in base al quale l'azienda taiwanese ha accettato di pagare quanto chiesto.
Nel dettaglio, Microsoft vuole tra i 10 e i 15 dollari per ogni smartphone su cui gira Android e una cifra leggermente più alta per ogni Nook.
Ora Barnes & Noble ha depositato la propria difesa.

L'editore sostiene che Microsoft non ha diritto a pretendere alcunché. Le tecnologie su cui deterrebbe il brevetto sarebbero vecchie e banali e non sarebbero nemmeno state inventate a Redmond: i brevetti non sarebbero dunque validi.
"Microsoft non ha inventato, ricercato, sviluppato o reso disponibile al pubblico dispositivi mobili che utilizzando il sistema operativo Android e altri sistemi operativi open source" si legge nella difesa. Microsoft non vorrebbe altro che "cercare di avere il dominio su qualcosa che non ha inventato".
Il vero obiettivo di quest'attacco - ritiene Barnes & Noble - non sarebbe la difesa di una proprietà intellettuale violata ma affondare Android costringendo tutte le aziende che lo usano a sborsare per ogni dispositivo una cifra più alta di quella che pagherebbero per installare Windows Phone 7.
Così, tra cause legali infinite e royalty, il sistema di Google si rivelerebbe alla fine meno conveniente di quello di Microsoft, e sparirebbe per sempre dal mercato.
In questo scenario giocherebbe poi un ruolo importante Nokia con il proprio portafoglio di brevetti cui Microsoft ha appena avuto accesso in cambio di alcuni miliardi di dollari.
Le due aziende si sarebbero accordate per utilizzare la proprietà intellettuale congiunta "sia in maniera difensiva che in maniera offensiva", secondo dichiarazioni recenti di Stephen Elop, CEO di Nokia ed ex dirigente di Microsoft.
A tutte queste accuse è arrivata una prima risposta da Redmond: "La nostra causa contro Barnes & Noble, Foxconn e Inventec si basa sulle loro azioni e il punto della questione è la violazione, da parte loro, dei nostri diritti di proprietà intellettuale. Allo scopo di proteggere la nostra proprietà intellettuale, stiamo facendo ciò che farebbe qualsiasi altra azienda nella nostra stessa situazione".

L'ultima versione del browser trasforma le parole in testo. Accelerazione hardware anche per il 3D, via CSS.


Chrome 11 riconoscimento vocale CSS 3D hardware
Lo sviluppo di Chrome procede con l'abituale passo spedito ed è ormai tempo di abbandonare la versione 10, rilasciata all'inizio di marzo, e abbracciare la versione 11, ossia la nuovastabile.
La novità più appariscente di Chrome 11 è il supporto al riconoscimento vocale: il browser di Google è in grado di convertire il parlato, captato dal microfono, in testo e inserirlo, per esempio, nei form del web.

Per provare questa funzionalità si può visitare Google Translate e cliccare sulla piccola icona a forma di microfonoposta nell'angolo inferiore destro del riquadro d'inserimento del testo, anche se per il momento il supporto alle lingue è limitato al solo inglese.


Inserire il riconoscimento vocale direttamente nel browser può forse lasciare un po' perplessi, ma bisogna anche tenere presente che Chrome è pensato per essere l'interfaccia di Chrome OS, il sistema operativo destinato agli ultraportatili e - chissà - forse anche ai tablet di domani al posto o accanto ad Android.



Tra le altre caratteristiche di Chrome 11 vanno citate il supporto all'accelerazione hardware per le animazioni 3D realizzate con i CSS, la correzione di 25 bug di sicurezza nel browser e di altri presenti nel plugin Flash integrato.


Se manca il sonno i neuroni si spengono autonomamente, interferendo con le attività della veglia.


Poco sonno cervello neuroni si addormentano Tononi
Se si passa una notte insonne, o comunque dormendo male, il giorno dopo le prestazioni saranno nettamente inferiori al solito: errori, distrazioni, imprecisioni - per non parlare dei colpi di sonno - saranno comuni.
Non occorre uno studio scientifico per confermare un'esperienza che chiunque, almeno una volta nella vita, deve aver provato:dormire è indispensabile per poter funzionare al meglio durante la veglia.
Grazie a una ricerca condotta alla Winsconsin-Madison University (USA) e guidata da Giulio Tononi, ora però sappiamo perché la mancanza di sonno abbia conseguenze tanto tangibili.
La colpa è dei neuroni che, avendo bisogno di riposo ma constatando che il loro proprietario pensa a tutt'altro, decidono in autonomia di schiacciare un pisolino, creando ovviamente problemi a chi pensava di fare affidamento su di loro.

Non lo fanno tutti insieme, naturalmente: presumibilmente - secondo i ricercatori - le aree più sfruttate durante il periodo di veglia precedente e che non hanno potuto "rigenerarsi" a sufficienza a causa di un sonno eccessivamente breve saranno le prime ad andare in défaillance.
A questo conclusioni gli scienziati del Winsconsin sono giunti osservando dei topi: costretti a rimanere svegli, i roditori mostravano evidenti difficoltà a gestire compiti motori, una fatica che non presentano quando possono dormire il sonno del giusto.
Tramite l'encefalografia si è potuto dimostrare che ciò dipende da alcuni neuroni - in questo caso appartenenti alla corteccia motoria, ossia quella tenuta sotto osservazione durante gli esperimenti - che, sebbene il cervello nel suo complesso fosse sveglio e attivo, si erano "spenti": la facilità con cui è stato possibile rilevare questo fenomeno ha peraltro sorpreso gli stessi ricercatori.
Ciò che vale per la corteccia motoria varrà probabilmente anche per le altre aree del cervello, hanno concluso gli scienziati, che condurranno a questo proposito ulteriori test.
Per evitare questi inconvenienti non è sufficiente cedere ai primi segni di stanchezza: la sua percezione è infatti soggettiva, mentre il calo delle prestazioni è oggettivo e ha generalmente inizio prima ancora che ce ne si accorga. L'unica soluzione è mantenere dei ritmi di sonno regolari.


Il passaggio delle consegne avverrà a luglio. Gli utenti devono accettare le nuove condizioni o lasciare il servizio.


Yahoo vende delicious avos fondatori youtube
Yahoo ha trovato i compratori cui consegnerà il servizio di social bookmarking Delicious, di cui sta cercando di disfarsi sin dalla fine dello scorso anno.
Si tratta di Chad Hurley e Steve Chen(nell'immagine), i fondatori di YouTube, che recentemente hanno anche dato via alla nuova società AVOS: di quest'ultima diventa ora la proprietà di Delicious.

Fino a luglio, Yahoo continuerà a gestire il servizio; poi avverrà il cambio di gestione.
Durante questo periodo agli utenti viene chiesto di accettare le condizioni di AVOS; in caso contrario non potranno più accedere ai propri bookmark.
Anche dopo il passaggio, Delicious continuerà a funzionare come ha sempre fatto; i nuovi proprietari hanno intenzione di svilupparlo nel tempo,"aggiungendo nuove funzioni e facendo crescere il servizio nel suo complesso".


Risolti finalmente tutti i problemi, il modello alternativo dell'iPhone 4 arriva nei negozi.


Apple iPhone 4 bianco Phil Schiller raggi UV
"Finalmente. Il fantastico iPhone 4. Ora disponibile in bianco"esprime soddisfazione l'home page italiana del sito di Apple, rinnovata in occasione del lancio di un prodotto atteso da quasi un anno.
Sono stati tanti e imprevisti i problemi che Apple ha dovuto risolvere prima di lanciare la versione "alternativa" del proprio smartphone,annunciata da Steve Jobs durante la presentazione della generazione attuale e poi continuamente rimandata, tanto da sembrare che non sarebbe mai arrivata.
Proprio Steve Jobs, insieme a Phil Schiller e Scott Forstall (vicepresidenti senior) in un'intervista ha spiegato perché ci sia voluto tutto questo tempo.

"È stato difficile" ha chiarito Schiller."Non è così semplice creare un oggetto bianco. Ci sono molti più aspetti di cui tenere di conto, sia per quanto riguarda la scienza dei materiali, per capire come resisterà nel tempo, sia per quanto riguarda il funzionamento dei sensori".
I problemi cui il vicepresidente di Apple ha accennato (ma che non ha rivelato nei dettagli) non sembrano riguardare la fotocamera come si ipotizzava qualche tempo fa quanto piuttosto la protezione di alcune componenti interne dalla luce: proprio come le persone con la pelle chiara - ha chiosato Schiller - l'iPhone bianco deve essere maggiormente protetto rispetto al fratello dai raggi UV del Sole.
"Pensavamo di aver risolto un anno fa, o poco meno, quando lanciammo l'iPhone 4, ma ci sbagliavamo" ha poi concluso, affermando che tutto il tempo in più che s'è reso necessario è servito a confezionare un prodotto all'altezza delle aspettative.
Ciò che ora resta da capire è se il lancio di un ulteriore modello di iPhone 4 a questo punto dell'anno comporterà uno slittamento in avanti del debutto dell'iPhone 5. Le "voci di corridoio" che circolano in Rete già ipotizzano un rinvio sino alla fine dell'anno ma Apple, come al solito, a questo proposito non si sbottona.


Il social network andrà al migliore offerente: prezzo base 100 milioni di dollari.


Murdoch MySpace svendita 100 milioni Facebook
Niente illustra il declino di MySpace più delle cifre che ne riguardano la compravendita.
Nel 2005, News Corp. acquistò il social network per 580 milioni di dollari; oggi, dopo sei anni e l'apparizione di un nemico apparentemente invincibile, torna a disposizione del migliore offerente con un prezzo base di soli 100 milioni di dollari.

Nonostante l'inconfutabile calo di popolarità, una mezza dozzina di aziende private si sono già dette interessate all'acquisto e, secondo il Wall Street Journal, altre due Internet company saranno della partita.
Non è completamente da escludere che tra queste ci sia proprio quel nemico invincibile, ossia Facebook, sebbene gli analisti non lo ritengano molto probabile.
Disfarsi di quello che un tempo era il primo dei social network è diventata ormai una mossa inevitabile per la società di Rupert Murdoch, che nonostante i tentativi di rianimazione ha ottenuto solo perdite, che l'anno scorso sono arrivate a 275 milioni di dollari.

Il narvalo elegante ha preso il largo: si chiude un'era durata oltre otto anni e si apre a una nuova concezione del desktop.

Ubuntu 11.04 Natty Narwhal Unity desktop
L'ultima release di Ubuntu (la 11.04 Natty Narwhal) è destinata più di ogni altra sinora a segnare la storia. Per capire il perché è necessario dare un rapido sguardo alla storia recente delle interfacce adottate dai vari sistemi operativi.
Da una decina di anni né Apple né Microsoft né Sun né altri sono riusciti con successo arimodernare il concetto di desktop: la struttura di dock, menù, icone e via di seguito, ossia la "carrozzeria" dei desktop, è stata limata e abbellita, ma tutto sommato è anche rimasta invariata.
La Sun provò con Looking Glass a rivoluzionare il desktop ma - vuoi la scelta del linguaggio di programmazione (Java), vuoi la dipendenza da schede video di una certa fascia, vuoi il fatto di proporre una novità che in realtà non cambia il concetto di desktop ma lo estende soltanto e in maniera neanche troppo comoda - il progetto fece un po' di rumore e finì nel dimenticatoio.

Non andò meglio a Microsoft che col lungo e sofferto passaggio da Windows XP ai suoi successori rivoluzionò il proprio desktop senza sostanzialmente cambiare i concetti alla base né risolvere i problemi sentiti dagli utenti.
Non è andata meglio nemmeno alla Apple, che sinora non ha neppure tentato di cambiare il proprio desktop.

Oggi sono due i motivi principali che spingono a ripensare l'interfaccia tradizionale.
Prima di tutto, la constatazione del fatto che negli ultimi anni gli schermi si stanno sempre più allargando in orizzontale e assottigliando in verticale, passando dai 4:3 ai 16:10 fino ai 16:9 attuali e che nel contempo le pagine web si sono sempre più arricchite di contenuti diventando sempre più "lunghe" in senso verticale.
Ciò ha portato a sentire il bisogno di guadagnare spazio verticale sul monitor, mentre si nota molto di meno l'uso dello spazio orizzontale.
La struttura pre-Unity (Unity è il nuovo desktop di Ubuntu) tra barre, bordi finestra e menù consuma molto spazio verticale oggi diventato prezioso; Unity, invece, portando la "barra" (launcher) sul fianco e permettendo alla parte alta delle finestre a tutto schermo di coprire la sottile barra superiore guadagna molto spazio in verticale.
Il launcher si trova sul lato sinistro perché la maggior parte degli utenti di computer è abituata a leggere da sinistra a destra e dall'alto in basso, perciò l'occhio è abituato a iniziare (per esempio per aprire un'applicazione) da sinistra e scorrere poi nel centro/destra.

Per lo stesso motivo i controlli della finestra si trovano a sinistra, come su Mac OS X.
Esaurito questo primo motivo ecco il secondo. Si stanno diffondendo sempre più i monitor touch (dagli smartphone ai tablet sino ai desktop) e c'è quindi bisogno di un'interfaccia che sia comoda da usare col tocco ma che possa anche essere usata con mouse tastiera tradizionali.
I menu sono molto poco usabili sui dispositivi touch: perciò Unity cerca di rimuovere il più possibile i menù non solo dalla propria struttura ma anche all'interno delle applicazione, relegandoli nella sottile barra superiore.
Ciò non comporta grandi fastidi, dato che statisticamente i menu sono poco adoperati durante l'uso quotidiano (tant'è vero che Chrome e Firefox hanno ridotto i menu a una mini-iconcina) mentre lascia un po' di visuale verticale e invita i programmatori a scordarsi dei menù.
Nel tempo si è poi passati dai laptop ai netbook sino ai tablet, e il trend è ormai chiaro: la mobilità piace.
I portatili sono comodi ma troppo grossi per poterli portare in giro, i netbook hanno una tastiera troppo piccola e i desktop tradizionali sono poco adatti agli schermi così piccoli.
I tablet d'altra parte attirano ma per ora sono limitati dall'assenza di un sistema operativo "vero" da computer; Android, iOS, WebOS sono ottimi sistemi per cellulari ma troppo limitati per un uso "informatico" vero.
Ecco quindi Unity: l'interfaccia che rappresenta l'unione tra il mondo mobile degli smartphone (quello di Android e iOS), il mondo ibrido che ancora non riesce a sfondare sopratutto per l'assenza di un prodotto come Unity (quello di netbook e tablet), e il mondo dei computer portatili e dei computer desktop tradizionali.
Unity adotta molti concetti di Android: la dashboard, che richiama il il menu delle app di Android; gli indicatori che ricordano la barra di notifica; il launcher laterale analogo all'equivalente studiato da Google per gli smartphone.
Tutto è però adattato, limato, migliorato per un uso desktop, senza per questo ostacolare (nei limiti del possibile) l'uso tradizionale.
Con Unity, Ubuntu si prepara dunque al futuro; gli altri al momento languono.

Antitrust multa RTI per i contratti Mediaset Premium

giovedì 28 aprile 2011


L'azienda ostacolava il diritto di recesso e richiedeva il pagamento di canoni non dovuti.


Antitrust multa RTI Mediaset Premium 200000 euro
Pratiche commerciali scorrette: è questa la motivazione della multa da 200.000 euro irrogata dall'Antitrust a Reti Televisive Italiane (RTI).
La decisione è arrivata al termine di un'indagine che ha riguardato la gestione dei servizi Mediaset Premium tra il novembre del 2009 e il febbraio del 2011.
In questo periodo RTI avrebbe ostacolato gli utenti che volevano rescindere il contratto, facendo pagare il canone anche dopo aver ricevuto la disdetta inviata in base al diritto di recesso.

L'evasione delle richieste di recesso sarebbe inoltre stata rallentata ad arte, mettendo così in atto quelli che il Garante ha definito "comportamenti ostruzionistici" e che hanno portato all'applicazione di penali.
Tutto ciò avrebbe quindi consentito a RTI di "condizionare indebitamente la libertà di scelta dei consumatori, ostacolandone il pieno ed effettivo esercizio del diritto a recedere dal rapporto contrattuale con il professionista e richiedendo loro il pagamento di corrispettivi per la fruizione di servizi non più richiesti", un comportamento che si configura come una "pratica commerciale aggressiva".


Pirati informatici si sono impossessati di indirizzi, date di nascita, nomi e, forse, anche dei numeri delle carte di credito.


Sony Playstation Network rubati dati 70 milioni
Pare proprio che sia molto, molto più grave del previsto il malfunzionamento che ha colpito di recente il Playstation Network, il sistema di giochi e contenuti online dedicato alla console di Sony.
Ormai dai giorni il network era inaccessibile e gli utenti si domandavano, un po' preoccupati, quali fossero le cause di tutto ciò.
Ora sanno che facevano bene a preoccuparsi: Sony ha ammesso di aver dovuto spegnere in tutta fretta il servizio quando si è accorta che qualcuno era riuscito a penetrare illegalmente e che probabilmente tutti i dati degli utenti iscritti - oltre 77 milioni di persone - erano stati trafugati.
Alcuni pirati informatici, sfruttando qualche falla che l'azienda sta ancora cercando di individuare e correggere prima di poter ripristinare il Network, sono così riusciti aimpossessarsi di informazioni preziose come nomi, indirizzi completi, indirizzi email, date di nascita, password, user ID, dati relativi agli addebiti e, forse, i numeri delle carte di credito.

Sony sostiene che non ci siano prove del furto anche dei numeri di carta di credito, e che in ogni caso non sarebbe stato sottratto anche il codice di sicurezza; tuttavia non può escluderlo con certezza.
Gli utenti del Playstation Network faranno dunque bene, nei prossimi giorni, a controllare attentamente gli addebiti e segnalare ogni attività sospetta a chi di dovere.
La sottrazione degli altri dati li pone poi a rischio di ricevere proposte truffaldine via email (facendoli quindi diventare ottimi bersagli per le campagne di spam e phishing) e, naturalmente, se le password usate sul network sono quelle usate anche in altri servizi, il consiglio è di cambiarle immediatamente.
I criminali che materialmente hanno eseguito il furto non sono gli unici che potrebbero trarre vantaggio dalle informazioni ottenute: anzi, potrebbero decidere di non utilizzarle del tutto ma di limitarsi a venderle al migliore offerente.
Inoltre è importante notare come l'attacco sia stato portato tra il 17 e il 19 aprile: da allora sino a oggi i dati sono stati nelle mani dei ladri senza che gli utenti lo sapessero, mentre Sony si limitava a spiegare che serviva tempo per riportare in vita il servizio sospeso.
Sarà dunque bene, per gli utenti, passare in rassegna quanto successo nei giorni passati per capire se qualche criminale informatico si sia già messo all'opera.
Il Playstation Network, così come Qriocity, continua a restare offline. Sony ha nel frattempo messo online una pagina in cui spiega quanto avvenuto, quanto sta facendo (come ingaggiare una "riconosciuta agenzia esterna per la sicurezza") e che cosa fare se si ritiene che i propri dati personali siano stati violati.


È molto più sottile degli schermi attuali, consuma meno energia e potrebbe sbarcare sull'iPhone.


Toshiba LTPS TFT LCD touchscreen spesso 1 mm
I touchscreen in uso oggigiorno si compongono di due parti sovrapposte: al di sotto lo schermo vero e proprio, che mostra i contenuti; al di sopra i sensori che consentono di interagire.
Toshiba ha deciso di fare un passo in avantiunendo questi due strati in un unico prodotto e realizzando così uno display touch estremamente sottile (il 57% meno spesso di quelli attuali).

Il prodotto sviluppato dall'azienda si chiama Low-Temperature Poly-Silicon TFT LCD e attualmente consiste in uno schermo con una diagonale lunga 7 pollici, risoluzione di 1024x600 pixele spessore di un soli millimetro.
Oltre alla riduzione della terza dimensione, questa tecnologia permette anche di realizzare schermi checonsumano meno.
Toshiba ha in mente, come destinazione d'uso, i display interni delle auto, ma non è detto che questi schermi non equipaggino prossimamente anche tablet e smartphone, specialmente se saranno confermate le voci che vogliono l'azienda giapponese tra i prossimi fornitori di touchscreen per Apple.


iOS e Android sono le piattaforme più interessanti, la concorrenza è rimasta indietro.


Appcelerator Titanium sviluppatore WP7 BlackBerry
Per quanto impegno Microsoft e RIM possano mettere nel far crescere le proprie piattaforme mobili, gli sviluppatori non sembrano troppo interessati a scrivere software per loro.
È questo il risultato che, in estrema sintesi, si evince dal sondaggio condotto da Appcelerator tra i 2.676 utenti del proprio ambiente di sviluppo cross-platform Appcelerator Titanium.
Gli sviluppatori sono per lo più interessati a creare app per iOS (iPhone iPad) e, in seconda battuta, per Android (in versione smartphone e tablet).

L'interesse per Windows Phone 7 e BlackBerry OS è invece di molto inferiore: dal 91% di iOS per iPhone si passa al 29% di WP7, al 27% di BlackBerry Phone e al 20% di BlackBerry PlayBook.
Si comportano ancora peggio webOS(che raccoglie un 17% di interesse nella versione per tablet e un 12% in quella per smartphone), Symbian (7%) e MeeGO (5%).
Secondo Appcelerator, Microsoft "ha davanti a sé una lunga strada, lungo la quale incontrerà difficoltà derivanti sia dalle quote di mercato sia dalla base degli sviluppatori da lungo tempo abbandonati che, a questo punto, sono ormai pieni di progetti per le due piattaforme principali" e non hanno tempo di sviluppare anche per le altre.

La motivazione principale, tuttavia, che spinge a ignorare Windows Phone e BlackBerry a chi scrive software sarebbe la sensazione che questi due sistemi siano rimasti troppo indietro rispetto alle proposte di Apple e Google.
È necessario precisare che i risultati di questo sondaggio vanno presi con un po' di attenzione. I partecipanti sono soltanto coloro che usano Appcelerator Titanium, e dunque non è l'intera comunità di sviluppatori a essere stata interpellata, ma solo una sua parte.
Tuttavia vedendo questi dati Microsoft e RIM non potranno certamente sentirsi tranquille.

Wi-Fi nelle scuole italiane, il commento di Dell

mercoledì 27 aprile 2011


La scuola deve sfruttare al meglio la tecnologia, non perdere tempo a far funzionare tecnologie diverse tra loro.


Francesco Magri
Francesco Magri, Public Sales Director di Dell Italia, ha rilasciato a Zeus News un commento all'articolo Governo: Wi-Fi in tutte le scuole italiane nel 2012 pubblicato lo scorso 20 aprile.

"La notizia che il Ministero dell'Istruzione e quello dell'Innovazione hanno lanciato il progetto Wi-Fi nelle scuole è certamente positiva, e segnala attenzione verso l'introduzione dinuove tecnologie nella scuola.""L'attenzione è dovuta: le nuove generazioni sono formate da "natividigitali", abituati all'uso dei più svariati dispositivi (smart-phone, notebook e netbook, tablet,...) per accedere alla rete e per collaborare assieme; peccato che nella maggior parte dei casi ora debbano uscire dalla rete proprio nel momento dell'apprendimento, quando entrano in classe."
"Questo investimento, però, non è di per sé sufficiente: infatti, non è adottando tecnologie in isolamento che si può veramente migliorare l'apprendimento dei nostri ragazzi".

Computer, lavagne interattive, copertura WiFi: come potranno le scuole utilizzare queste tecnologie, se non sono state pensate per lavorare insieme e se non esiste un piano di coinvolgimento dei docenti e dei genitori?"
"La tecnologia, addirittura, potrebbe distrarre, invece che abilitare, rispetto all'obiettivo di un migliore apprendimento. Quello che le nostre scuole necessitano sono delle soluzioni, che siano aperte e standardizzate per evitare di legarsi a un particolare fornitore, ma anche flessibili e modulari per adattarsi alle diverse esigenze didattiche."
"Dell ha lavorato ascoltando educatori, genitori e studenti in tutto il mondo per creare la Connected Classroom, un insieme organico di HW, SW, servizi che permette alla scuola di dedicare la propria attenzione non a far funzionare tecnologie diverse tra loro, ma a sfruttarle al meglio per portare l'educazione veramente nel XXI secolo".


Il pulsante Invia permette di condividere i contenuti con singoli utenti o gruppi.


Facebook pulsante Send Invia Mi piace
Facebook ha deciso di festeggiare il primo compleanno del pulsante Mi piaceregalando al festeggiato un fratellino: il pulsante Invia.
Se Mi piace - che in soli 365 giorni di vita si è diffuso praticamente dappertutto e viene cliccato, secondo le stime, un miliardo di volte ogni giorno - permette di condividere le proprie preferenze con chiunque, Invia è più privato.

Chi lo usa può infatti inserire il nome diun singolo contatto o di un gruppo con il quale desidera condividere un determinato contenuto scovato su un sito, senza che gli altri lo sappiano.
Sono già una cinquantina i siti web americani che includono il nuovo pulsante - che naturalmente, nella versione d'oltreoceano, si chiama Send- me è prevedibile una diffusione pari a quella del fratello maggiore.
Il codice per l'inserimento nelle pagine è già disponibile sul blog di Facebook dedicato agli sviluppatori.

"Abbiamo progettato il pulsante Invia perché sia usato insieme al pulsante Mi Piace. Includendo entrambi sul vostro sito, i visitatori potranno condividere con tutti ciò che piace loro e inviarlo a persone specifiche" si legge nel blog.


Il CEO risponde di persona alle accuse. A violare la privacy sarebbe solo Android.


iPhone traccia utenti Steve Jobs risponde email
Steve Jobs - ormai è noto - di tanto in tanto risponde personalmente alle emaildegli utenti dei prodotti Apple: si tratta generalmente di risposte secche e che consistono in pochissime frasi ma vengono interpretate come una "versione ufficiale" su questioni che l'azienda, in quanto tale, ancora non ha affrontato.
Diventa così importante la replica che Jobs ha scritto a un lettore di MacRumors, il quale chiedeva che il CEOfacesse finalmente chiarezza sulla questione del presunto tracciamento degli utenti da parte di iPhone e iPad.
"Forse puoi fare un po' di luce prima che passi a un Droid. Loro non mi tracciano"scriveva l'utente in chiusura della email.
La risposta di Steve Jobs ha mantenuto lo stile tipico del fondatore di Apple: "Oh sì che lo fanno. Noi non tracciamo nessuno. Le informazioni che circolano sono false".

Così Jobs ha esplicitamente affermato che Apple non utilizza i dati collezionati dall'iPhone, ma non ha smentito la raccolta in quanto tale: operazione un po' difficile, dato che le prove in questo senso raccolte da Warden e Allen sembrano inoppugnabili.
Invece il CEO ha spostato l'attenzione su un altro punto: le parole "Sì che lo fanno" riguardano i dispositivi con Android, sorpresi anch'essi a conservare informazioni sugli spostamenti degli utenti, anche se in misura molto minore di quanto faccia l'iPhone.
Ciò che Steve Jobs sottindente nella propria risposta è tuttavia che, a differenza di Apple, Google raccoglierebbe le informazioni così ottenute per tracciare sul serio gli utenti.
La questione è tutt'altro che secondaria: negli Stati Uniti sono già state avviate le prime cause, e la Corea del Sud ha dato il via a un'investigazione governativa per venire a capo della faccenda.


Per eliminare gli isotopi pericolosi dal terreno si potrebbero trasformare le zone infette in campi di cannabis.


Piantagioni cannabis assorbire radiazioni Giappone
Girasoli e cannabis: secondo il sito web francese Alchimia Web - che probabilmente approfitta per farsi un po' di pubblicità - basterebbe trasformare le zone del Giappone contaminate dalle radiazioni in piantagioni di marijuana (o girasoli) per assorbire gli isotopi pericolosi, come il cesio 137 e lo stronzio 90, fino all'80%.
Secondo il quotidiano Le Parisien, che ha intervistato alcuni ricercatori, è possibile anche usare la colza, che poi potrebbe ancora essere utilizzata per produrre biodiesel; la cannabis andrebbe invece incenerita in apposite strutture in grado di gestire le ceneri radioattive.

Il Papa incontra i blogger cattolici

lunedì 25 aprile 2011

150 blogger da tutto il mondo si raduneranno per incontrare Benedetto XVI.


papa incontra blogger cattolici 2 maggio
Il Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, il dicastero della Santa Sede per i media, ha organizzato per il 2 maggio un raduno internazionale di blogger cattolici.
Nell'aula delle udienze in Vaticano sono stati invitati 150 blogger di tutto il mondo,scelti tra i 750 che avevano chiesto di parteciparvi.
Sono preti e laici, uomini e donne, indipendenti oppure sconosciuti o ancora importanti vaticanisti.

Il Pontificio Consiglio ci tiene a far sapere che i blogger, i quali parteciperanno a proprie spese e la cui lista si trova sul sito del Consiglio stesso, non devono ritenere che la mancanza dell'invito comporti un giudizio negativo su di loro, né d'altra parte che un invito sottintenda l'approvazione automatica di tutti i contenuti dei loro blog.

Internet e le TV hanno diffuso le immagini della scossa dell'11 marzo, ma anche i suoni sono stati catturati.




Gestisce tutti gli apparecchi dell'Home Theater e permette anche di navigare in Internet, usare le app Android e riprodurre film.


Andi-One telecomando universale con Android 2.1
Andi-One è un telecomando universale: un solo dispositivo che permette di controllare diversi apparecchi di intrattenimento.
A differenza degli altri esemplari, però, Andi-One si basa su Android 2.1.
Ciò gli permette non solo di svolgere il proprio compito principale ma anche di permettere l'accesso a oltre 100.000 app per Android, navigare nel web, leggere la posta elettronica, controllare mouse e tastiera dell'Home Theater PC, funzionare come un telefono VoIP e persino riprodurre i film (con risoluzione fino a 1024x768 pixel) conservati al suo interno sul televisore tramite connessione HDMI.
L'Andi-One dispone di uno schermo touch da 3,5 pollici e di 2 Gbyte di memoria interna. Creato da Conspin, è in vendita al prezzo consigliato di 349,99 dollari.



Internet sostituirà le biblioteche? Forse un giorno lontano, ma certamente non oggi.


Internet sosituirà biblioteche Mark Herring
Data la vastità della Rete, la quantità di informazioni che è possibile scovarvi e i progetti che mirano a portare nel web anche i libri - seppure con l'opposizione di alcuni - si potrebbe pensare che un giorno non lontano Internet renderà obsolete le biblioteche.
Le biblioteche stesse probabilmente non sono d'accordo. Anzi, non sono certamente d'accordo se dobbiamo dare retta al cartello che fa bella mostra di sé nella biblioteca pubblica di Milford, nel Connecticut (USA).

Vi si elencano i 10 motivi per cui Internet non può sostituire una biblioteca, dal fatto che in Rete non c'è davvero tutto alla difficoltà di trovare ciò che serve in mezzo a una mole di informazioni inutili, dalla mancanza di un controllo sulla qualità l'incompletezza di quanto scovato in Internet.
C'è da dire che l'elenco proviene da un libro di Mark Y. Herring, il cui scopo è esattamente dimostrare ciò che i dieci punti riassumono.
Sfortunatamente per il suo autore, i commenti visibili su Amazon - dove il testo è in vendita a 45 dollari - sono piuttosto impietosi e svelano le magagne del libro, definito "spassoso, ma non per i motivi che pensa l'autore".

Android è uno spione quanto l'iPhone

sabato 23 aprile 2011


Anche il sistema di Google conserva i dati sugli spostamenti dell'utente. Però ha una spiegazione plausibile.


Android iPhone spia dati localizzazione Eriksson
Mentre il caso delle informazioni sugli spostamenti memorizzate dall'iPhone sta generando preoccupazione tra gli utenti - tanto che un senatore americanoha chiesto spiegazioni direttamente a Steve Jobs - dalla Svezia fanno sapere che anche Android dispone di una funzione simile.
Lo sviluppatore Magnus Eriksson ha infatti deciso di dare un'occhiata al proprio smartphone dotato del sistema operativo di Google e scoperto che anch'esso dispone di una tabella in cui conserva le informazioni sulle reti cellulari e Wi-Fi.
C'è tuttavia una fondamentale differenza tra il comportamento di Android e quello di iPhone: questo conserva per sempre tutte le informazioni raccolte; quello le cancella periodicamente (dopo 12 ore per i dati relativi alle reti cellulari, dopo 48 per quelli relativi alle reti Wi-Fi).

Il motivo della raccolta sarebbe semplicemente la generazione di una cache per i servizi di localizzazione: in questo modo la risposta alle richieste dell'utente avviene più rapidamente.
Ecco spiegato anche perché dopo un po' i dati vengono cancellati: quelli utili sono soltanto quelli relativi alle ultime posizioni, non l'intera cronologia degli spostamenti.
Meno chiaro è a questo punto il motivo che spinge l'iPhone e l'iPad a conservare invece ogni cosa, tanto più che tali dati non vengono condivisi con Applecome avevano già spiegato gli scopritori del file, con buona pace di chi teme complotti.
Secondo John Gruber, il blogger di Daring Fireball, si tratta di un bug: originariamente creato con lo stesso scopo dell'omologo di Android, il database dei luoghi di iOS dovrebbe venire svuotato di tanto in tanto ma ciò non succede perché l'autore o non ha scritto il codice necessario o il codice non funzione.
In ogni caso, ora che la situazione è venuta alla luce, probabilmente il prossimo aggiornamento di iOS vi porrà rimedio.
Peraltro, secondo Magnus Eriksson l'elevata accuratezza dell'iPhone nel fornire la localizzazione sulle mappe sarebbe dovuta proprio all'enorme database di cui dispone: lavorare su una gran mole di dati consentirebbe allo smartphone di Apple di restituire risultati più precisi, anche se la privacy, per lo meno in teoria, ne soffre un po'.