Così l'amianto e i nanomateriali strozzano le cellule

venerdì 23 settembre 2011
Scoperto il modo in cui l'amianto danneggia le cellule umane. Aiuterà a somministrare medicine in modo mirato e più sicuro.

Amianto nanotubi strozza cellule Brown University
Da tempo si sapeva che le fibre di amianto rappresentano un pericolo particolare per le cellule: cellule "pugnalate" da nanofibre di amianto sono state osservate a più riprese.
Ora un gruppo di ricercatori della Brown University ha capito come ciò sia possibile, e notato come i nanotubi di carbonio e altri nanomateriali lunghi possano costituire per le cellule lo stesso pericolo dell'amianto.
Tramite simulazioni al computer ed esperimenti su cellule di fegato di topo e del mesotelio umano, i ricercatori hanno scoperto che i nanotubi ingannano le cellule.
Questi nanomateriali presentano alla cellula un'estremità arrotondata e si avvicinano con un angolo di 90°: così la cellulare crede che si tratti di un oggetto sferico e inizia a "ingoiarlo".

Ci vogliono pochi minuti prima che la cellula si accorga che in realtà si tratta di un oggetto cilindrico, ma a quel punto è già troppo tardi e la cellula resta "strozzata", impossibilitata sia a completare l'ingoiamentoi che a invertirlo.
Come ultimo atto, la cellula chiama aiuto, scatenando una risposta immunitaria che causa un'infiammazione ripetuta, ma non può salvarla.
Il professor Huajian Gao, autore dello studio realizzato dai ricercatori della Brown University, spiega con un paragone«È come se cercassimo di mangiare un lecca-lecca più lungo di noi. Si incastrerebbe».
La scoperta può aiutare a capire come le cellulare interagiscono con i nanomateriali, e sfruttare questa situazione: si pensa infatti di utilizzare i nanotubi per trasportare i medicinali all'interno di cellule specifiche o zone specifiche del corpo umano.

Costruiti con transistor 3D, aumenteranno in modo significativo l'autonomia dei portatili.


Ivy Bridge Intel tri-gate transistor 3D

Per l'architettura Sandy Bridge, presentata un anno fa all'Intel Developer Forum, è tempo di prepararsi alla pensione.
La strategia tick-tock che Intel adotta per mettere sul mercato un nuovo processore (tick è il passo che introduce un nuovo processo produttivo, tock quello che introduce una nuova architettura) è giunta a un nuovo tick.
La soluzione sviluppata da Intel per i portatili del 2012 - e che vedrà la luce tra il primo e il secondo trimestre dell'anno prossimo - si chiama Ivy Bridge e rappresenta un tick un po' anomalo, tanto che questo passaggio viene definito tick+ a causa delle novità che introduce.


Con Ivy Bridge, per esempio, arrivano sul mercato i chip 3D nati dal progetto try-gate e costruiti a 22 nanometri: il risultato primario consiste in una riduzione dei consumi e in una maggiore durata della batteria.
Infatti una CPU quad core Mobile Ivy Bridge potrà vantare un TDP di soli 35 Watt: a oggi, una sorta di record.
Ivy Bridge mantiene comunque diversi punti in comune con Sandy Bridge, a partire dalla GPU integrata. Ora, però, lo spazio dedicato alla sezione grafica è aumentato, in risposta alle soluzioni con APU Llano sviluppate da AMD.
Sono aumentati i transistor, che passano da 1,16 miliardi a 1,4 miliardi; grazie al processo produttivo a 22 nanometri, la dimensione finale di un chip Ivy Bridge dovrebbe essere inferiore in maniera significativa a quella di un chip Sandy Bridge.
Ivy Bridge troverà una collocazione naturale sugli ultrabook: grazie agli accorgimenti mirati a ridurre i consumi, permetterà di costruire dispositivi con un'ampia autonomia.
In questo avrà parte anche il supporto alle memorie DDR3L, che promettono di consumare il 15% in meno rispetto alle DDR3 standard.
Per i nuovi processori Intel sta sviluppando un nuovo chipset dotato di supporto integrato a USB 3.0 e PCI Express 3.0; le CPU Ivy Bridge saranno però compatibili anche con le schede madri LGA-1155.