Oltre la metà dei malware creati è destinata al sistema operativo di Google.
Il sistema operativo di Google ha infatti attratto il 63% del malware totale; per contro, i dispositivi basati su iOS si sono rivelati come i più sicuri: non è stata infatti riscontrata alcuna infezione sui terminali di Apple (escludendo quelli sui cui è stato operato il jailbreak).
Nel rapporto, McAfee sottolinea come sia Android che iOS trovino le proprie radici in Unix e ritiene che la maggior presenza di malware nel primo non sia da addebitare a debolezze intrinseche del sistema, quanto alla maggiore apertura di questo alle applicazioni.
Se, infatti, da un lato Apple esercita un controllo rigoroso sull'App Store, e solo da questo gli utenti possono ottenere il software aggiuntivo, dall'altro Google è molto meno severa.
Esiste certamente un Android Market su cui Google vigila - ma dal quale ha dovuto comunque eliminare 58 app infette sfuggite al controllo - ma i possessori di terminali Android possono installare anche software proveniente da terze parti.
Bisogna inoltre aggiungere a questa prima ragione le personalizzazioni che i vari produttori di dispositivi apportano al sistema: queste operazioni spesso rallentano, quando non rendono addirittura impossibile, l'installazione degli aggiornamenti di sicurezza rilasciati da Google.
Il problema della sicurezza sugli smartphone è, secondo McAfee, ancora sottostimato: innanzitutto dagli sviluppatori, che a volte non considerano la sicurezza una priorità e rilasciano driver e software non perfettamente testati, ma anche dagli utenti.
Dispositivi sempre connessi e che contengono tante informazioni personali sono bersagli appetitosi per i creatori di malware: ecco quindi che proliferano i software progettati per registrare le conversazioni telefoniche, gli SMS o anche la posizione dell'utente grazie al GPS integrato, e che poi inviano questi dati al proprio creatore.
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