Digitale terrestre e digital divide

mercoledì 26 maggio 2010

Basta una ricerca in Rete per rendersi conto di quante siano le fonti che indicano le frontiere della Tv, da Intel che spinge il Wi-Fi per connettere PC e televisore fino alla Google TV, passando per la Web TV(tecnologia di cui si vocifera il sorpasso in tempi brevi sulla televisione tradizionale) lanciata dal parlamento europeo.
Queste sono solo alcune voci che tuttavia ben rivelano l'attuale atteggiamento che le maggiori multinazionali del settore tecnologico hanno nei confronti della TV. E in Italia?
Da noi si prova ancora a dar voce ad una tecnologia (il Digitale Terrestre, o DTT), nata già vecchia ma che ci viene proposta come innovativa, il cui unico effetto è togliere spazio e fondi a quello che dovrebbe essere il vero investimento: colmare l'abisso che si sta creando nelle infrastrutture dedicate alla connessione.
Ciò da un lato comporta un affannarsi a compiere il fatidico switch offnazionale, tanto che è di questi giorni l'annuncio secondo il quale la data per la conversione da analogico a digitale potrebbe essere anticipata a fine 2011.
Dall'altro provoca una perdita di risorse destinate al cablaggio e alle riduzione del digital divide, fenomeno che in misura sempre crescente ci allontana da altri Stati più accorti.
Sono milioni gli euro che a oggi sono andati bruciati in questa scellerata operazione diretta da chi la tecnologia sembra proprio non capirla. L'anticipo dello switch off viene annunciato come un miracolo compiuto, addirittura (cosa rara in italia) anticipando i tempi di consegna, ma nascondendo in realtà il vero problema di fondo: il fatto che i passi compiuti nella direzione della Web Tv sono tali e tanti che essa sarà una realtà ancor prima del 2012.
Il prezzo di tutto ciò lo stiamo già pagando in termini di infrastrutture di connessione, che sono tra le più obsolete dell'occidente. E il loro sviluppo è osteggiato incomprensibilmente da più parti.
È recente la dichiarazione del viceministro Paolo Romani sulleperplessità circa il rifiutoavanzato da Telecom Italia, di collaborare alla costruzione di una rete moderna: "Mi piacerebbe avviare un tavolo di confronto sul progetto della nuova rete in fibra aperto a tutti gli operatori: a Telecom Italia, ovviamente, e anche a chi, come Tiscali, ha espresso la volontà di partecipare".
Il viceministro allo Sviluppo Economico (con delega alle Comunicazioni) ribadisce l'invito rivolto all'ex monopolista a prendere parte al confronto - "senza pre-condizioni" - che il governo intende avviare sul progetto di rete di nuova generazione; tale invito arriva solo dopo che gli operatori alternativi - Fastweb, Vodafone e Wind - hanno illustrato il loro piano per dotare di una rete in fibra 15 città italiane, per un totale di 10 milioni di utenti, con un investimento di 2,5 miliardi in tre anni.
"C'è qualche diffidenza, qualche perplessità" ammette Romani, il quale osserva che "c'è una rete unica con una Autorità che dispone un canone".
Da parte dell'incumbent - rivela ancora Romani a margine del convegno Il Piano Nazionale Banda Larga promosso dall'Unione delle Province d'Italia e tenutosi a Catania il 20 e il 21 maggio - "ci sono riserve a una soluzione immediata" e, per questo, Telecom "si accosta al tavolo con cautela".
Di questa cautela il viceministro dice di "tenere conto: nessuno ha intenzione di fare alcunché contro un'azienda che investe". Di certo, assicura, nella costituzione del tavolo al Ministero "non ci sono precondizioni né soluzioni precostituite: tutti potranno esprimere il proprio parere".
Ci sarà mai un giorno in cui il nostro Paese potrà ritornare a essereun'incubatrice di idee, com'era considerato un tempo, tanto da fare scuola all'estero?

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